Orecchie cani mozzate: nei guai allevatori e veterinario

Orecchie cani mozzate: nei guai allevatori e veterinario
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Orecchie cani mozzate: nei guai veterinario e allevatori della razza Dogo Argentino. Il taglio avveniva per scopi puramente estetici.

Orecchie cani mozzate

Non è avvenuto nel nostro territorio, ma parrebbe una pratica diffusa. Rilanciamo lo sdegno della Lega Nazionale per la Difesa del Cane, che opera anche a Vercelli in seguito a episodi di mutilazioni.

Si tratta di quanto hanno evidenziato le indagini condotte dai Carabinieri del NAS, che al termine di un’articolata attività investigativa hanno portato alla denuncia di un veterinario di Padova e quattro allevatori di cani di razza “dogo argentino”. Queste persone, a vario titolo, hanno concorso a richiedere ed effettuare il taglio delle orecchie su tre cani per scopi puramente estetici.

Il dettaglio delle indagini

Il Nucleo di Padova e quello di Pescara hanno collaborato effettuando ispezioni in diversi allevamenti di Pescara e Teramo. Dagli accertamenti è emerso anche che l’ambulatorio veterinario veneto era sprovvisto di autorizzazione sanitaria e che gli interventi di conchectomia venivano giustificati con falsi certificati medici.

“Ancora un caso di malasanità veterinaria, con medici che dovrebbero pensare al benessere degli animali e invece si piegano a queste pratiche per pura avidità”. Questo il commento di Piera Rosati, Presidente LNDC Animal Protection.

Mutilare gli animali è reato

E prosegue: “Tagliare le orecchie o la coda a un cane per meri motivi estetici è una vera e propria mutilazione, vietata da ormai molti anni in Italia. Vorrei poter dire di essere sorpresa ma purtroppo non è così; ci sono ancora tantissimi casi di questo genere in tutto il Paese, soprattutto a danno dei molossoidi, e un veterinario compiacente si trova sempre. Ben vengano quindi le indagini e le denunce in tal senso”.

Forse vale la pena ricordare che chiedere a un veterinario compiacente di mutilare il proprio cane è un reato. Un reato per cui è prevista la reclusione da 3 a 18 mesi o sanzioni da 5.000 a 30.000 euro. Ed è quanto rischiano le persone denunciate per questo specifico caso.

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