A processo dirigenti di una ditta che sfruttava i camionisti

In dirittura di arrivo il processo per i vertici dell'azienda

A processo dirigenti di una ditta che sfruttava i camionisti
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Camionisti sfruttati, quasi finito il processo ai vertici dell'azienda.

Il sistema dei camionisti

A dieci anni dai fatti, e a quattro dall’avvio del dibattimento, è in dirittura d’arrivo il processo a carico degli allora vertici di un’azienda di autotrasporti accusati di sfruttare i camionisti. I responsabili della ditta, che all’epoca aveva sede a Garbagna Novarese, sono chiamati a rispondere di reati. Dalla violazione delle leggi sull’immigrazione ai maltrattamenti e al falso. Sul banco degli imputati P.L. e i due figli, F.M.L e G.L, e un altro esponente dell’azienda, P.V.

Le richieste di condanna

Nell’ultima udienza il pubblico ministero Nicola Serianni ha avanzato le richieste di condanna.  6 anni e 9 mesi per F.M.L., 5 anni e sei mesi per il fratello, 2 anni e 3 mesi per il padre, che avrebbe avuto un ruolo marginale. Non doversi procedere per prescrizione del reato per P.V. Si tornerà in aula a fine febbraio per la sentenza. La vicenda era esplosa nel 2006 quando in Francia nel corso di un’operazione erano stati fermati e trovati autisti che viaggiavano per un numero imprecisato di ore. Lavoravano, apparve così su alcuni articoli di stampa, anche più di dodici ore al giorno.

L'indagine

Alla base dell’indagine italiana una segnalazione “per violazioni di norme tributarie”. In quel contesto emersero le condizioni in cui lavoravano gli autisti. «Alloggiavano in condizioni igieniche precarie e degradanti». Pare che i locali non fossero addirittura riscaldati. In Francia furono contestate violazioni per l’uso non conforme del cronotachigrafo. In Italia altre accuse, tra cui appunto i maltrattamenti. «Venivano pagati in moneta polacca, lo stipendio era leggermente superiore a quello previsto in Polonia per quel tipo di mansione. Lavoravano dodici, anche tredici ore al giorno, con la sola pausa del pranzo, per sei giorni alla settimana e percepivano uno stipendio di poche centinaia di euro al mese», corrispondenti all’epoca dei fatti a poco più di 1000 zloty.

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