Ricerca idrocarburi: a pochi giorni dalla rinuncia di Eni, anche Cascina Alberto (Shell) si ferma

La decisione del ministero

Ricerca idrocarburi: a pochi giorni dalla rinuncia di Eni, anche Cascina Alberto (Shell) si ferma
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Ricerca idrocarburi: a pochi giorni dalla rinuncia di Eni, anche Cascina Alberto (Shell) si ferma.

Ricerca idrocarburi

Le ricerche di aree petrolifere nel novarese stanno subendo un grosso arresto. A pochi giorni di distanza dalla notizia della rinuncia, da parte di Eni, alle sue quote nel permesso di ricerca Carisio, che interessava la zona di Carpignano Sesia, anche l’altro permesso di ricerca idrocarburi nelle nostre zone sembra avere subito un’importante battuta d’arresto. Il “Cascina Alberto”, permesso di ricerca le cui quote sono detenute da Shell, si è visto un’indicazione di preavviso di rigetto dell’istanza, da parte della commissione tecnica del Ministero dell’Ambiente incaricata di studiare la valutazione ambientale del programma di indagini geofisiche volto proprio a determinare se - e in che misura - nel sottosuolo delle campagne novaresi ci fosse del petrolio. Il permesso di ricerca Cascina Alberto ha subito quello che sembra uno stop determinante dalla commissione di verifica dell’impatto ambientale che la campagna di ricerca produrrebbe sul territorio. Il procedimento di valutazione era stato avviato al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare il 27 dicembre del 2017, data in cui Shell aveva inoltrato tutta la documentazione necessaria affinché la commissione potesse riunirsi.

Cascina Alberto

Il permesso Cascina Alberto, di cui Shell è titolare dal 2015, si estende su un’area di oltre 460 chilometri quadrati tra Piemonte e Lombardia, nelle Province di Biella, Novara, Vercelli e Varese. "Il progetto in questione - scrive Shell su Cascina Alberto - riguarda la fase iniziale del processo esplorativo, la cosiddetta indagine geofisica il cui obiettivo è analizzare le caratteristiche geofisiche delle stratificazioni geologiche. La metodologia consiste nella generazione e registrazione di onde elastiche che vengono riflesse dalle varie formazioni geologiche. Due le tecniche normalmente utilizzate per questo tipo di indagini, a seconda della profondità e della natura della superficie nell'area interessata: Tecnica “vibroseis”: le onde elastiche vengono prodotte facendo vibrare una massa di una certa dimensione e trasmettendo le vibrazioni al suolo; tecnica con micro-carica esplosiva: le onde elastiche vengono prodotte detonando una piccola carica piazzata in un foro effettuato nel terreno. La selezione del tipo di tecnica da utilizzare dipende da vari fattori relativi sia al “bersaglio” geofisico sia alle caratteristiche ambientali, fisiche e sociali dell’area di indagine. In particolare, la tecnica vibroseis verrà utilizzata ogniqualvolta le condizioni del terreno saranno adatte e l’accesso dei camion vibroseis sarà possibile; la tecnica con micro-carica esplosiva sostituirà pertanto quella vibroseis solo in quelle aree in cui l'accesso per i camion vibroseis non è possibile. Oltre alle tecniche suddette, lo Studio di Impatto Ambientale all'esame del ministero contempla anche una terza tecnica, la cosiddetta “sismica passiva”. In sintesi, si tratta di una tecnologia innovativa e migliorativa, che prevede il posizionamento sul terreno di piccoli sensori (geofoni) atti a registrare passivamente le vibrazioni del suolo dovute sia a cause umane che naturali, nella maggioranza dei casi impercettibili. Questa tecnica consiste nella registrazione passiva di dati, non ha bisogno di alcuna energizzazione esterna e non produce emissioni né sonore né ambientali». Studio che, secondo quanto emerso dalla commissione tecnica, non ha trovato il parere favorevole del ministero stesso.

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