Giro di prostitute a Varallo: condannati tre fratelli

In primo grado la condanna è a 2 anni

Giro di prostitute a Varallo: condannati tre fratelli
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Giro di prostitute nei boschi di Varallo Pombia: in aula la prima sentenza sul caso dei tre fratelli di origine albanese.

Una condanna a due anni

Due anni di reclusione ciascuno e 500 euro di multa - il pm Francesca Celle ne aveva chiesti quattro e 1.000 euro di multa - per i tre fratelli albanesi residenti a Novara, accusati di gestire una tratta di connazionali che, una volta giunte in Italia, venivano avviate alla prostituzione sulle strade di Varallo Pombia e non soltanto. La condanna per Eriselda, Naim e Rodrin Selimaj, di 36, 29 e 24 anni, è arrivata mercoledì 15 maggio, al termine del processo di primo grado celebrato al tribunale di Novara.

Giro di prostitute: un "affare di famiglia"

La pena è stata sospesa per i due fratelli, non per la donna che aveva dei precedenti, ma per il collegio giudicante non ci sono stati dubbi: il trio, così ha detto, gestiva un "affare di famiglia", dove ognuno aveva i propri compiti. La sorella procacciava le giovani, un fratello incassava i soldi, l’altro minacciava e, se necessario, picchiava. Le indagini, coordinate dalla Procura, erano partite cinque anni or sono all'indomani di un controllo casuale eseguito nel Novarese. Una delle vittime era stata fermata dalla polizia, le erano stati chiesti i documenti e, soltanto dopo che gli agenti avevano insistito, aveva vuotato il sacco, denunciando di essere vittima, appunto, di Eriselda, Naim e Rodrin Selimaj, definiti "soggetti pericolosi e violenti". Le ragazze, tutte provenienti dall’Est, venivano accompagnate in auto sui luoghi della prostituzione - lungo la statale di Varallo, ma anche nella zona di Malpensa e a Novara - poi dovevano consegnare tutti i proventi delle loro prestazioni, pena essere malmenate.

Gli avvocati annunciano che ricorreranno in Appello

Alle vittime, com’era emerso in fase di dibattimento, venivano procurate sim card telefoniche, vestiti, trucchi e tutto il materiale necessario per gli incontri di carattere sessuale. Il processo era iniziato nell’inverno del 2018 e sin da subito gli avvocati difensori Paolo Mastrosimone e Sara Celestino avevano chiesto l’assoluzione dei loro assistiti. "Credo proprio che insieme alla collega faremo appello - dice Mastrosimone - attendiamo le motivazioni dal collegio (entro metà settembre: ndr). Ci siamo battuti perché chi ha denunciato il reato, un’altra prostituta, non si è mai resa disponibile a venire in tribunale a rispondere alle domande nostre e del pm. L’unica teste che è comparsa in aula, ha dichiarato che la persona offesa era una ragazza con problemi e che era solita denunciare i suoi ex fidanzati. Come a voler lasciare intendere che aveva intrattenuto una relazione con uno dei fratelli albanesi. Presumiamo che il tribunale sia pervenuto alla sentenza di condanna soltanto sulla base delle dichiarazioni rese della teste poi “scomparsa”. Le intercettazioni fatte sulle utenze degli imputati, per esempio, non hanno portato a nulla. Prove di sfruttamento di questa prostituta non ve ne sono, motivo per cui ci attendevamo la assoluzione. I tre fratelli attualmente non sono in carcere e si trovano in Albania".

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